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Netbreakers - newsletter che analizza il mondo digitale
Numero 02 - Data 13/06/2020 - Made with ❤ for Inforge
Oggi parliamo di:
Ed eccoci qui nuovamente, ritrovandoci tutti al nostro appuntamento settimanale, che ormai trovo catartico scrivere nelle ultime ore del venerdì sera. Mi piace anche ritagliarmi prima di immergerci nelle mie riflessioni settimanali, questo piccolo spazio iniziale che mi lascia la libertà di scambiare qualche parola con voi. Spero che abbiate passato una bella settimana e vi riposiate durante questo weekend, se invece avete passato una pessima settimana allora riposatevi e guardate con ottimismo alla prossima come cerco di fare sempre io, per quanto difficile possa essere. Ma torniamo a discutere i trend del mondo digitale.
La scorsa settimana ci siamo confrontati con il rapporto che intercorre tra la politica e i social network. Ma la politica muove se vogliamo l’intera società perché le decisioni di chi ci governa plasmano la nostra quotidianità.
Ricordiamo benissimo tutti il momento in cui il Governo ha proclamato l’inizio della quarantena, una cosa che ci sembrava impossibile fino a qualche giorno prima, soprattutto perché ha condizionato non solo le nostre vite private ma anche la nostra routine lavorativa. Ha bloccato l’ingranaggio per un momento e lo ha sostituito con un altro, diverso e che sembrava “provvisorio”, il lavoro d’ufficio infatti si è trasformato in telelavoro.
E non uso la parola telelavoro a caso, perché nonostante tutte le testate giornalistiche titolassero “smartworking” quello che molte aziende italiane e amministrazioni pubbliche hanno sperimentato era di fatto telelavoro.
Infatti è definito telelavoro (da Accordo Quadro del 2004) replicare con gli stessi orari di reperibilità e le stesse procedure ciò che normalmente verrebbe fatto in ufficio ma in un ambiente casalingo o in un luogo specifico decentrato. Segue inoltre regole specifiche come l’ispezione da parte del datore di lavoro per controllare il regolare svolgimento del lavoro, un adeguato isolamento del lavoro dall’attività quotidiana e la sicurezza del dipendente e delle tecnologie utilizzate per svolgere il proprio compito.
Lo smart working invece non lega il lavoratore ad un luogo specifico, qualsiasi luogo consenta lo svolgimento della propria attività lavorativa è consentito (che sia un parco o un ristorante) inoltre l’orario di lavoro è autodeterminato, lo smartworker può gestire le ore di lavoro come meglio crede basandosi però sul raggiungimento dell’obbiettivo prefissato dal datore di lavoro che viene specificato sul contratto.
Come potete vedere cambiano completamente i parametri per valutare lo svolgimento del proprio lavoro, passando da “ore lavorate” a “obbiettivi conseguiti”.
Ovviamente non è tutto rose e fiori, le statistiche mostrano come gli smartworkers lavorino in media di più (il 5%) di chi lavora in ufficio o in telelavoro. Molti inoltre fanno fatica a gestire il tempo e spesso si riducono a dover lavorare molte ore consecutivamente in brevi periodi per portare a termine gli obbiettivi contrattuali. Inoltre non vi sono controlli e standard fissati per garantire la qualità della prestazione lavorativa (budget per migliorare gli strumenti di lavoro). Sono inoltre a carico del lavoratore tutte le spese come la luce, il riscaldamento e la connessione.
Le aziende però sembrano entusiaste (dopo il primo periodo di “shock”) e hanno deciso di abbracciare lo smartworking, che comunque richiede adeguata pianificazione per essere gestito a dovere, Facebook infatti ha annunciato che metà dei suoi dipendenti lavoreranno in smartworking permanente entro 10 anni.
Meno ambiziose invece le mire della Pubblica amministrazione italiana che dopo aver annunciato il telelavoro per il 90% dei dipendenti durante la quarantena, in questa fase successiva ha deciso invece di proporre lo smartworking per il 30% del personale pubblico. Infatti nel decreto Rilancio è prevista la progressiva riapertura degli uffici pubblici (ovviamente sempre rispettando le norme di sicurezza) ma almeno entro la fine dell’anno una parte dei dipendenti pubblici potrà continuare l’esperienza di lavoro agile nella “speranza”, dice la ministra Fabiana Dadone, di farlo diventare “strutturale”.
Una rivoluzione culturale, come viene definita dalla stessa ministra, con obbiettivi anche giornalieri per i lavoratori pubblici. Altro che timbrare il cartellino, ora bisogna concludere compiti concreti e verificabili entro tempi stabiliti. Alcuni uffici si sono già organizzati con l’assegnazione delle pratiche via mail all’inizio della giornata lavorativa con una verifica che viene effettuata dopo otto ore di presenza davanti al computer (presenza che può essere diluita in tutto l’arco della giornata). Altri uffici invece verificano la disponibilità del lavoratore basandosi sul suo accesso al sistema assegnando compiti tramite esso, altri ancora invece devono presentare una relazione al termine del lavoro svolto.
La mancanza di regole però non ha frenato le ambizioni delle aziende (Facebook e Twitter in particolare) che hanno visto la possibilità di sfruttare di più il lavoratore mettendolo in una situazione contrattuale più incerta e meno regolamentata sia negli USA che in Europa.
Per tutelarsi da queste accuse però hanno stanziato budget per migliorare le postazioni di lavoro da remoto degli impiegati o hanno ridimensionato molto le loro ambizioni specificando che comunque gli impiegati sarebbero tornati a lavoro secondo dei turni o per partecipare ad iniziative di gruppo per migliorare la socializzazione.
Non tutti sono saltati sul carro dello smartworking, Satya Nadella il CEO di Microsoft ha detto infatti no al modello “Twitter”, che danneggerebbe i rapporti umani e andrebbe a bruciare il capitale sociale costruito dall’azienda, per questo Microsoft pianifica di tornare alla normalità già ad ottobre.
La situazione è diversa in Italia per l’amministrazione pubblica e le grandi aziende dove invece sono presenti i sindacati che già reclamano a gran voce provvedimenti per tutelare i lavoratori. Anche nel recente “Piano Colao” si parla di smart working e di regolamentazione e promozione di questa “modalità” di lavoro.
Lo smartworking potrebbe cambiare notevolmente anche come viviamo nelle nostre città, immaginatevi il poter lavorare ovunque, in qualsiasi paese ma vivere in un altro (e quindi pagare le tasse in un altro paese) magari dove la vita è meno cara. Migliorerebbe anche il nostro impatto ambientale e la nostra qualità della vita in generale. Lo smart working è la versione rivista e migliorata del lavoro in ufficio e persino del telelavoro e abbiamo i dati che possono provarlo.
Grazie per aver letto fino alla fine questa newsletter, ti ricordiamo che fa parte di un esperimento che porteremo avanti nel corso di quest'anno, potrai leggerla ogni Sabato su Inforge, attualmente è possibile (registrando un account su Inforge) seguire la sezione "Newsletter e Articoli", ti sarà recapitata una mail ogni volta che una nuova discussione sarà creata.
Numero 02 - Data 13/06/2020 - Made with ❤ for Inforge
Oggi parliamo di:
- Smartworking o Telelavoro? Come cambierà il lavoro nel post pandemia.
- Smartworking l'approccio Facebook vs Microsoft.
- Smartworking la reale opportunità di cambiamento del nostro modello di sviluppo.
Ed eccoci qui nuovamente, ritrovandoci tutti al nostro appuntamento settimanale, che ormai trovo catartico scrivere nelle ultime ore del venerdì sera. Mi piace anche ritagliarmi prima di immergerci nelle mie riflessioni settimanali, questo piccolo spazio iniziale che mi lascia la libertà di scambiare qualche parola con voi. Spero che abbiate passato una bella settimana e vi riposiate durante questo weekend, se invece avete passato una pessima settimana allora riposatevi e guardate con ottimismo alla prossima come cerco di fare sempre io, per quanto difficile possa essere. Ma torniamo a discutere i trend del mondo digitale.
La scorsa settimana ci siamo confrontati con il rapporto che intercorre tra la politica e i social network. Ma la politica muove se vogliamo l’intera società perché le decisioni di chi ci governa plasmano la nostra quotidianità.
Ricordiamo benissimo tutti il momento in cui il Governo ha proclamato l’inizio della quarantena, una cosa che ci sembrava impossibile fino a qualche giorno prima, soprattutto perché ha condizionato non solo le nostre vite private ma anche la nostra routine lavorativa. Ha bloccato l’ingranaggio per un momento e lo ha sostituito con un altro, diverso e che sembrava “provvisorio”, il lavoro d’ufficio infatti si è trasformato in telelavoro.
E non uso la parola telelavoro a caso, perché nonostante tutte le testate giornalistiche titolassero “smartworking” quello che molte aziende italiane e amministrazioni pubbliche hanno sperimentato era di fatto telelavoro.
Infatti è definito telelavoro (da Accordo Quadro del 2004) replicare con gli stessi orari di reperibilità e le stesse procedure ciò che normalmente verrebbe fatto in ufficio ma in un ambiente casalingo o in un luogo specifico decentrato. Segue inoltre regole specifiche come l’ispezione da parte del datore di lavoro per controllare il regolare svolgimento del lavoro, un adeguato isolamento del lavoro dall’attività quotidiana e la sicurezza del dipendente e delle tecnologie utilizzate per svolgere il proprio compito.
Lo smart working invece non lega il lavoratore ad un luogo specifico, qualsiasi luogo consenta lo svolgimento della propria attività lavorativa è consentito (che sia un parco o un ristorante) inoltre l’orario di lavoro è autodeterminato, lo smartworker può gestire le ore di lavoro come meglio crede basandosi però sul raggiungimento dell’obbiettivo prefissato dal datore di lavoro che viene specificato sul contratto.
Come potete vedere cambiano completamente i parametri per valutare lo svolgimento del proprio lavoro, passando da “ore lavorate” a “obbiettivi conseguiti”.
Ovviamente non è tutto rose e fiori, le statistiche mostrano come gli smartworkers lavorino in media di più (il 5%) di chi lavora in ufficio o in telelavoro. Molti inoltre fanno fatica a gestire il tempo e spesso si riducono a dover lavorare molte ore consecutivamente in brevi periodi per portare a termine gli obbiettivi contrattuali. Inoltre non vi sono controlli e standard fissati per garantire la qualità della prestazione lavorativa (budget per migliorare gli strumenti di lavoro). Sono inoltre a carico del lavoratore tutte le spese come la luce, il riscaldamento e la connessione.
Le aziende però sembrano entusiaste (dopo il primo periodo di “shock”) e hanno deciso di abbracciare lo smartworking, che comunque richiede adeguata pianificazione per essere gestito a dovere, Facebook infatti ha annunciato che metà dei suoi dipendenti lavoreranno in smartworking permanente entro 10 anni.
- Approfondimento: Intervista integrale a Mark Zuckerberg di The Verge
Meno ambiziose invece le mire della Pubblica amministrazione italiana che dopo aver annunciato il telelavoro per il 90% dei dipendenti durante la quarantena, in questa fase successiva ha deciso invece di proporre lo smartworking per il 30% del personale pubblico. Infatti nel decreto Rilancio è prevista la progressiva riapertura degli uffici pubblici (ovviamente sempre rispettando le norme di sicurezza) ma almeno entro la fine dell’anno una parte dei dipendenti pubblici potrà continuare l’esperienza di lavoro agile nella “speranza”, dice la ministra Fabiana Dadone, di farlo diventare “strutturale”.
Una rivoluzione culturale, come viene definita dalla stessa ministra, con obbiettivi anche giornalieri per i lavoratori pubblici. Altro che timbrare il cartellino, ora bisogna concludere compiti concreti e verificabili entro tempi stabiliti. Alcuni uffici si sono già organizzati con l’assegnazione delle pratiche via mail all’inizio della giornata lavorativa con una verifica che viene effettuata dopo otto ore di presenza davanti al computer (presenza che può essere diluita in tutto l’arco della giornata). Altri uffici invece verificano la disponibilità del lavoratore basandosi sul suo accesso al sistema assegnando compiti tramite esso, altri ancora invece devono presentare una relazione al termine del lavoro svolto.
La mancanza di regole però non ha frenato le ambizioni delle aziende (Facebook e Twitter in particolare) che hanno visto la possibilità di sfruttare di più il lavoratore mettendolo in una situazione contrattuale più incerta e meno regolamentata sia negli USA che in Europa.
Per tutelarsi da queste accuse però hanno stanziato budget per migliorare le postazioni di lavoro da remoto degli impiegati o hanno ridimensionato molto le loro ambizioni specificando che comunque gli impiegati sarebbero tornati a lavoro secondo dei turni o per partecipare ad iniziative di gruppo per migliorare la socializzazione.
Non tutti sono saltati sul carro dello smartworking, Satya Nadella il CEO di Microsoft ha detto infatti no al modello “Twitter”, che danneggerebbe i rapporti umani e andrebbe a bruciare il capitale sociale costruito dall’azienda, per questo Microsoft pianifica di tornare alla normalità già ad ottobre.
La situazione è diversa in Italia per l’amministrazione pubblica e le grandi aziende dove invece sono presenti i sindacati che già reclamano a gran voce provvedimenti per tutelare i lavoratori. Anche nel recente “Piano Colao” si parla di smart working e di regolamentazione e promozione di questa “modalità” di lavoro.
Lo smartworking potrebbe cambiare notevolmente anche come viviamo nelle nostre città, immaginatevi il poter lavorare ovunque, in qualsiasi paese ma vivere in un altro (e quindi pagare le tasse in un altro paese) magari dove la vita è meno cara. Migliorerebbe anche il nostro impatto ambientale e la nostra qualità della vita in generale. Lo smart working è la versione rivista e migliorata del lavoro in ufficio e persino del telelavoro e abbiamo i dati che possono provarlo.
- Approfondimento: Smart-Working: Work Flexibility without Constraints by Marta Angelici & Paola Profeta
Grazie per aver letto fino alla fine questa newsletter, ti ricordiamo che fa parte di un esperimento che porteremo avanti nel corso di quest'anno, potrai leggerla ogni Sabato su Inforge, attualmente è possibile (registrando un account su Inforge) seguire la sezione "Newsletter e Articoli", ti sarà recapitata una mail ogni volta che una nuova discussione sarà creata.