Newsletter Netbreakers #10 - Come arginare le Big Tech? Analizziamo le mosse degli USA e dell'Unione Europea

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Netbreakers - newsletter che analizza il mondo digitale
Numero 10 - Data 11/08/2020 - Made with for Inforge


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Oggi parliamo di:
  • Come contrastare il monopolio naturale delle Big Tech?
  • Come si muoverà l’Unione Europea per limitare la crescita delle Big Tech?

Scusatemi, lo so, sono in ritardo nuovamente probabilmente vi indispettirà ormai, tanto quanto indispettisce me, la mia mancanza di “puntualità” in questo periodo. Tuttavia il momento non è tra i più semplici e gli impegni mi impediscono di scrivere e informarmi quanto vorrei per trattare argomenti complessi. Quindi per questo preferisco prendermi due giorni in più per leggere, ascoltare, indagare che lanciarmi in un breve riassunto di quanto accaduto durante la settimana, che oltre ad essere deludente per il lettore sarà insufficiente a soddisfare l’obbiettivo di questa newsletter che deve invece sviscerare e fornire al lettore la visione d’insieme dei fatti “netbreaking” che avvengono e avverranno.



Torniamo anche questa settimana a parlare di Big Tech — Amazon, Apple, Facebook e Google — questo è l’argomento “caldo” del mese, visto che l’acquisizione di TikTok da parte di Microsoft è “in fase di contrattazione” e ne sapremo di più a riguardo a Settembre.

Dopo la lunga audizione davanti al Congresso degli Stati Uniti e i report dei guadagni record da parte di queste aziende durante la pandemia (Apple è diventata la compagnia con la più alta capitalizzazione di mercato superando Saudi Aramco la compagnia petrolifera di stato dell’Arabia Saudita) la domanda che tutti i governi del mondo si pongono è: Come arginare il dominio delle Big Tech?

Gli Stati Uniti sembrerebbe vogliano adottare l’approccio che nel 1911 adottarono con Standard Oil, la prima multinazionale statunitense “tentacolare” costruita da John Rockfeller.

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La Standard Oil che costituiva un monopolio di fatto, fu divisa in 30 differenti società, quel controllo sul mercato petrolifero fu annullato e il mercato tornò ad essere nuovamente competitivo. Tutto andò per il meglio...questa volta almeno.

La stessa strategia fu applicata nel 1982 per AT&T che venne obbligata a dividere la sua rete locale in sette compagnie regionali (Regional Bell Operating Companies) mantenendo però il controllo sulle telecomunicazioni a lunga distanza e la sua divisione dedicata alle apparecchiature per le telecomunicazioni (che fu poi divisa nuovamente e acquisita da Nokia). Dividere AT&T sembrò per tutti una soluzione ottimale che avrebbe riportato competitività nel mercato delle telecomunicazioni. Tuttavia non andò esattamente così, gli effetti di questi provvedimenti furono molto limitati. Dividere la rete locale da quella a lunga distanza aprì un nuovo mercato per altri concorrenti in quest’ultimo campo e il mercato per le apparecchiature per le telecomunicazioni fu liberalizzato dividendo un singolo cliente in otto concorrenti.

Questa divisione portò anche alla necessità di costruire reti nelle città per collegare i clienti aziendali. Nel caso dei normali clienti, che vivevano nei sobborghi di New York o Miami e desideravano un telefono, si sarebbero dovuti confrontare comunque con un monopolio. Perché nonostante vi fosse molta concorrenza nel mercato delle comunicazioni a lunga distanza, non ve ne era nessuna per le comunicazioni regionali, che erano in mano alle sette aziende regionali.

E’ molto semplice spiegare il perché: le reti telefoniche sono un monopolio naturale, così come le reti di distribuzione dell’acqua, del gas e dell’elettricità. Costruire una rete telefonica è costoso, non tanto quanto costruirne una idrica per esempio, ma l’investimento si ripagherebbe comunque in un lungo periodo, quindi non è una spesa facile per nuove aziende. Non è possibile inoltre dividere il cavo che arriva in casa delle persone e assegnarlo a varie aziende.

Per questo Telecom in Italia non può controllare totalmente la rete essendo contemporaneamente un operatore telefonico, perché il controllo della rete porta automaticamente in svantaggio eventuali concorrenti. L’AGCom infatti ha deliberato che Telecom venga posta nei servizi soggetti agli obblighi da Servizio Universale.

Vent’anni dopo la divisione di AT&T, finì nel mirino del DoJ l’azienda di Redmond: Microsoft, la proposta che fu avanzata prevedeva la divisione di Microsoft in Windows e Office così da diminuire l’effetto di rete: tanti più utenti utilizzavano Windows tanto più Office diventava utile, ma Office era disponibile solo su Windows. La proposta comunque non passò, ma avrebbe funzionato?

Tornando al 1911 la divisione di Standard Oil provocò tre effetti:
  • Rimpiazzò un’unica compagnia, che era il principale acquirente e il principale venditore sul mercato con tante compagnie concorrenti.
  • Eliminò la possibilità che il controllo pozzi di estrazione, delle raffinerie, delle tubature, dei trasporti e dei venditori potesse essere utilizzato per eliminare la concorrenza.
  • Eliminò una gigantesca compagnia sul mercato rimpiazzandola con tante piccole compagnie con meno influenza.

Supponendo che fosse avvenuto lo stesso per Windows e Office, cosa sarebbe successo? Sicuramente l’azienda sarebbe diventata meno imponente, diminuendone il peso sul mercato e inoltre la collaborazione tra Windows e Office sarebbe terminata annullando l’effetto di rete.

Non è certo ma è alquanto improbabile però che queste aziende avrebbero trovato una schiera di concorrenti pronti ad attenderle. Così come successe per le “Regional Bell Operating Companies” i consumatori avrebbero dovuto affrontare nuovamente dei monopoli.

Le persone avrebbero comunque utilizzato Windows e Office per l’effetto di rete, che era interno a questi prodotti, non esterno (nessuno utilizzava Windows solo per Office e viceversa). Utilizzavamo Windows perché era disponibile software per esso e gli sviluppatori scrivevano software perché Windows aveva gli utenti che lo avrebbero utilizzato. Questo non aveva nulla a che fare con Office.

Se Office non fosse stato parte di Microsoft comunque IdSoftware avrebbe scritto Quake su Windows prima che su MacOS

Le due aziende “Windows” e “Office” sarebbero inoltre state limitate dagli stessi effetti di rete che avrebbero “guidato” le altre aziende. Office non avrebbe mai scritto un altro sistema operativo per competere con Windows, perché nessuno avrebbe sviluppato poi il software per questo nuovo sistema operativo. Così come Windows non avrebbe mai sviluppato una suite per competere con Office, perché nessuno l’avrebbe utilizzata (guardate per esempio OpenOffice).

Per capire questo concetto basta guardare il tragico destino di Windows Phone, che mancando di sviluppatori, mancò di utenti e mancando di utenti gli sviluppatori non investirono tempo per creare applicazioni compatibili. Decretandone quindi una fine prematura, tutto il vantaggio che Microsoft aveva sul mercato PC non ha rappresentato nulla su quello degli Smartphone.

In altre parole, possiamo pensare all’effetto di rete interno come un monopolio naturale, non solo perché l’azienda potrebbe utilizzare pratiche scorrette per avvantaggiarsi sui concorrenti, ma anche perché il dominio sul mercato è sancito dal funzionamento del prodotto in questione.

Tuttavia l’effetto di rete non preclude che possa esserci più di una sola rete, infatti a differenza delle tubature dell’acqua è possibile avere due reti una televisiva e una telefonica.

Tutto dipende dal mercato di riferimento, così nel 1990 il mercato PC con soli 50-100 mila utenti globalmente era troppo piccolo per supportare più di una rete, Microsoft vinse su Apple e gli altri concorrenti sparirono. Il mercato degli smartphone con oltre 4 miliardi di utenti in tutto il mondo è abbastanza grande per due reti, iOS e Android. Il mercato televisivo on demand con oltre 2 miliardi di utenze può supportare ben più di due reti. Facebook ha rappresentato la fine per tutti i siti di social networking, diventando in breve tempo l’unica rete sul mercato.

Così come dividere Windows e Office non avrebbe migliorato la situazione, non migliorerebbe la situazione dividere Apple, Amazon, Facebook e Google.

Nessuno ha parlato di dividere Apple, perché di fatto si tratta di una singola azienda che controlla un’ecosistema chiuso con un forte effetto di rete. Alcuni hanno proposto di dividere Amazon dalla sua divisione Amazon Web Services, questo avrebbe comunque l’effetto di preservare l’entità “Amazon” come colosso venditore e distributore. Le aziende di cui si potrebbe seriamente valutare una divisione sono Facebook e Google.

Da un lato è possibile distinguere chiaramente delle parti a loro interno Instagram, WhatsApp (per Facebook) e YouTube, Search e Google Services. Ma la forza di queste componenti non proviene dal fatto che siano tutte sotto una stessa azienda quanto da effetti di rete. Dividerle probabilmente risulterebbe in un nulla di fatto.

Cambiare “il proprietario” di Instagram, WhatsApp o YouTube avrebbe quindi lo stesso effetto che avrebbe potuto avere dividere Office da Windows, gli effetti di rete sono interni a questi prodotti non esterni. Non usiamo WhatsApp perché è di proprietà di Facebook. Così come non usiamo YouTube perché è di proprietà di Google. E probabilmente Bing non sarebbe un motore di ricerca migliore se Google non possedesse YouTube.

E’ inoltre assurdo pensare che una nuova "YouTube Inc." decida di competere con Google nel campo dei motori di ricerca, anche perché si troverebbe già in svantaggio rispetto a Bing. O è assurdo pensare che Google decida di lanciare un nuovo servizio di condivisione video anche perché si troverà contro Vimeo, Twitch, TikTok e Instagram.

Risulta ancora più chiaro il ragionamento, quando cominciamo a riflettere sul perché Google (nonostante YouTube) abbia fallito a competere con Facebook, arrivando a chiudere Google+. Oppure perché Facebook non decida di diventare un motore di ricerca cercando di scalzare Google.

E’ quindi possibile dire che il dominio del mercato derivi dalla natura dei prodotti stessi, così come Jeff Bezos ha ammesso durante l’udienza davanti al Congresso: Amazon ha acquisito Ring non per la tecnologia, ma per il posizionamento sul mercato. Per la diffusione che Ring aveva già prima dell’acquisizione da parte di Amazon.

Quindi se la posizione di mercato dei colossi dipende da effetti di rete creando dei monopoli naturali, cosa rimane da fare?

L’Unione Europea ha risposto da anni a questa domanda, multando i colossi e ostacolando la possibilità di sfruttare il loro posizionamento sul mercato per aggredire altri concorrenti, che tutt’ora stentano ad apparire. L’Unione Europea ha multato Google per circa 8.25 miliardi di euro nel periodo che va dal 2017 al 2019 a causa di ripetute violazioni delle leggi antistrust.

Queste sanzioni sono nulla considerando che Google ha un fatturato anno di 160 miliardi di dollari. Per altro spesso gli interventi risultano lenti permettendo a queste aziende di assicurarsi il dominio sul mercato estinguendo i possibili concorrenti o acquisendoli.

Il GDPR per esempio, entrato effettivamente nel 2018, risulta tutt’ora troppo complesso per poter essere applicato, rivelandosi uno strumento inefficace per tutelare i consumatori.

Per questo Margrethe Vestager, il secondo vicepresidente della Commissione Europea e già Commissario europeo per la concorrenza dal 2014, sta concentrando i suoi sforzi per scrivere nuove leggi dedicate a contrastare il monopolio delle Big Tech.

La Gran Bretagna, ha stilato un report molto dettagliato su come sarebbe possibile arginare l’abuso di posizione dominante favorendo la competizione e la nascita di nuove imprese sul suolo europeo. Andrea Coscelli capo del Competition and Markets Authority (l’antitrust inglese) ha illustrato un piano di oltre 400 pagine che propone provvedimenti come:
  • “Poter richiedere a Google di fornire i suoi dati a aziende di terze parti così che possano migliorare i loro algoritmi di ricerca”.
  • “Poter restringere la possibilità di Google di assicurarsi una posizione preferenziale di mercato, sui dispositivi degli utenti (Apple che vende a Google la posizione per essere il motore di ricerca di default su Safari) e introdurre scelte di possibili concorrenti”.
  • “Facebook dovrebbe fornire a terze parti i suoi strumenti per targhettizzare la pubblicità, ma le piattaforme concorrenti non saranno obbligate a fare lo stesso”.

Certo queste proposte possono sembrare complesse da applicare, ma non cerchiamo di entrare nel merito di queste proposte specifiche. Quanto invece è importante riflettere su come agire, capendo prima i problemi legati al “vantaggio” che hanno queste aziende sui loro concorrenti.