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“Internet è morto” è l’affermazione che ho letto più volte durante questo mese, riportata da molti influencers e soprattutto, cosa ben più grave, da molti giornali online. Perché all’improvviso tutti sembrano concordare sulla dipartita di Internet mi chiedo. Leggendo questi articoli, a mio modo di vedere deliranti, scopro che è tutto legato alla cacciata da parte di Facebook, Twitter, Instagram, YouTube e persino Twitch dell’ex-presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump. In seguito all’occupazione del Congresso da parte di una folla di esaltati, aizzata proprio dall’ex inquilino della Casa Bianca.
Tralasciando l’aspetto politico della questione, vorrei approfondire questa affermazione
e procedere a smontarla, perché è l’unica cosa che merita di essere fatta
e procedere a smontarla, perché è l’unica cosa che merita di essere fatta
Tutto si basa su questo tanto semplice quanto sbagliato ragionamento, Internet ormai è in mano a Google che indicizza i contenuti in base ai suoi parametri, non importa che favorisca spesso i suoi contenuti, o quelli che fanno guadagnare di più Google, per esempio un bel video su YouTube. Inoltre le persone passano sempre meno tempo sul “Web”, cercando contenuti su vari siti internet, che stanno lentamente sparendo e si spostano in massa all’interno di applicazioni proprietarie, quindi Facebook, Instagram e Twitter, che per brevità da adesso definirò come i “Social Network”.
Teniamo sempre a mente che queste aziende sono piattaforme chiuse a cui nemmeno i motori di ricerca hanno accesso, sono dotate del loro algoritmo di ricerca ed è sempre un loro algoritmo, basato sulle loro regole, che vi permetterà di scoprire nuovi contenuti.
Pertanto Internet è ormai morto, deceduto, de-fun-to, i suoi ideali di libertà di espressione e di autodeterminazione sono andati nella fossa con esso. Ormai dobbiamo arrenderci, le persone vogliono stare su Facebook su Instagram e su Twitter perché sono migliori di tutti gli altri siti e non vogliono più stare sul Web. Chi siamo noi per impedirglielo? Dobbiamo quindi chinarci ai nuovi padroni di Internet che in base alle loro regole bloccheranno i contenuti ritenuti “pericolosi” per le loro comunità, in quanto imprese private potranno autoregolamentarsi. Non dovremo più affidarci allo stato che con leggi e organi, impedirà la diffusione di contenuti illegali, offensivi, lesivi della libertà altrui.
Questo basta, il ragionamento si conclude qui, è un dato di fatto da accettare così come se nulla fosse, anzi una cosa di cui gioire perché saremo finalmente liberi dalle cose che ci danno fastidio e i "cattivi" saranno puniti, un'iniziativa da accogliere con applausi scroscianti e grida di giubilo.
Dovremmo quindi tranquillizzarci del fatto che le piattaforme Social, un monopolio di fatto allo stato attuale anche per la FTC, possano scatenare un effetto domino talmente grande da causare l’allontanamento di qualcuno, persona o azienda, da ogni piattaforma sul web? Aziende sempre più indispensabili per la società che non rispondono ad alcuna legge democratica?
Nel caso di Donald Trump è quello che è successo, attenzione prima che vi facciate l'idea sbagliata, non sono qui a difendere “The Donald” ma a riflettere sul fatto che potrei trovarmi io al suo posto, innanzitutto non saprei che fare, ma quello che so per certo è che la mia libertà di parola ne risulterebbe sicuramente danneggiata, o quanto meno, fortemente limitata visto il peso che hanno ormai piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter nel permettermi di raggiungere le persone trincerate dentro questi giardini, società che costruiscono muri sempre più alti per accaparrarsi e mantenere nuovi utenti.
Forse l'opinione delle persone è influenzata dal fatto che l'episodio, un grave precedente a parer mio, riguardi proprio l'ex POTUS. Bisogna però pensare che questa stessa politica potrebbe applicarsi a qualsiasi persona su queste piattaforme, che dispongano o meno di risorse economiche o di copertura mediatica, limitandone la libertà di parola.
Basti pensare a noi, Inforge, è impossibile trattare alcuni argomenti relativi alla Sicurezza Informatica perché vengono costantemente cancellati da YouTube, senza alcuna logica, video che vengono ospitati per anni (6 anni per la precisione) sulla piattaforma, poi riesaminati da un algoritmo e cancellati per sempre, qualunque possibilità di ricorso viene respinta ed è inappellabile.
Facebook e Instagram che cercano di estorcere sempre più denaro dalle tasche dei piccoli e medi advertisers, la maggioranza del fatturato di queste piattaforme proviene proprio da loro, chiedendoci di sponsorizzare i nostri post così da permetterci di raggiungere le persone che hanno volontariamente messo “Mi Piace” alla nostra pagina e ora non riceveranno più i nostri messaggi perché ritenuti irrilevanti per la società di Mark Zuckerberg, anzi, perché c’è qualcuno che sta pagando più di noi per occupare quel posto nel feed.
Google che per diletto cambia come “pesa” i contenuti dei risultati di ricerca, preferendo di più contenuti che portano ai grandi siti web come Amazon e Facebook o addirittura contenuti che può includere nelle sue pagine di ricerca senza obbligare l'utente a entrare sul sito. Questo sempre senza fornire alcuna spiegazione all'utente e cliente finale.
Queste piattaforme, senza regole ben chiare e definite dai governi hanno smantellato il Web, lo hanno attaccato per anni distruggendo prima la libera stampa, che ora deve usare titoli “clickbait” e altre tecniche di marketing per potersi ritagliare i suoi spazi e guadagnare tirando a campare, anziché dedicarsi a fare informazione deontologicamente corretta, poi hanno distrutto la concorrenza così da non avere rivali e ora stanno cercando di smantellare quel poco che rimane fuori dal loro controllo.
Nel caso di Donald Trump è quello che è successo, attenzione prima che vi facciate l'idea sbagliata, non sono qui a difendere “The Donald” ma a riflettere sul fatto che potrei trovarmi io al suo posto, innanzitutto non saprei che fare, ma quello che so per certo è che la mia libertà di parola ne risulterebbe sicuramente danneggiata, o quanto meno, fortemente limitata visto il peso che hanno ormai piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter nel permettermi di raggiungere le persone trincerate dentro questi giardini, società che costruiscono muri sempre più alti per accaparrarsi e mantenere nuovi utenti.
Forse l'opinione delle persone è influenzata dal fatto che l'episodio, un grave precedente a parer mio, riguardi proprio l'ex POTUS. Bisogna però pensare che questa stessa politica potrebbe applicarsi a qualsiasi persona su queste piattaforme, che dispongano o meno di risorse economiche o di copertura mediatica, limitandone la libertà di parola.
Basti pensare a noi, Inforge, è impossibile trattare alcuni argomenti relativi alla Sicurezza Informatica perché vengono costantemente cancellati da YouTube, senza alcuna logica, video che vengono ospitati per anni (6 anni per la precisione) sulla piattaforma, poi riesaminati da un algoritmo e cancellati per sempre, qualunque possibilità di ricorso viene respinta ed è inappellabile.
Facebook e Instagram che cercano di estorcere sempre più denaro dalle tasche dei piccoli e medi advertisers, la maggioranza del fatturato di queste piattaforme proviene proprio da loro, chiedendoci di sponsorizzare i nostri post così da permetterci di raggiungere le persone che hanno volontariamente messo “Mi Piace” alla nostra pagina e ora non riceveranno più i nostri messaggi perché ritenuti irrilevanti per la società di Mark Zuckerberg, anzi, perché c’è qualcuno che sta pagando più di noi per occupare quel posto nel feed.
Google che per diletto cambia come “pesa” i contenuti dei risultati di ricerca, preferendo di più contenuti che portano ai grandi siti web come Amazon e Facebook o addirittura contenuti che può includere nelle sue pagine di ricerca senza obbligare l'utente a entrare sul sito. Questo sempre senza fornire alcuna spiegazione all'utente e cliente finale.
Queste piattaforme, senza regole ben chiare e definite dai governi hanno smantellato il Web, lo hanno attaccato per anni distruggendo prima la libera stampa, che ora deve usare titoli “clickbait” e altre tecniche di marketing per potersi ritagliare i suoi spazi e guadagnare tirando a campare, anziché dedicarsi a fare informazione deontologicamente corretta, poi hanno distrutto la concorrenza così da non avere rivali e ora stanno cercando di smantellare quel poco che rimane fuori dal loro controllo.
Perdonatemi se non gioisco quando vedo l’uso che viene fatto dei “ban” da queste piattaforme
blocchi accolti con sorrisi da parte degli utenti soddisfatti
che non sanno nemmeno quali parametri l’azienda ha applicato per bloccare un contenuto
blocchi accolti con sorrisi da parte degli utenti soddisfatti
che non sanno nemmeno quali parametri l’azienda ha applicato per bloccare un contenuto
Purtroppo quando una di queste piattaforme elimina un contenuto il "perché" non avrà diritto di saperlo nemmeno il creatore del contenuto stesso che dovrà accontentarsi di una definizione “fumosa”: Questo contenuto è stato rimosso perché non rispetta le linee guida della comunità. Con un banale link a delle regole talmente generiche che potrebbero essere interpretate come condanna o come grazia in base al contesto.
Oppure cosa ben peggiore l’affermazione sempre più popolare del “fact-checking” e dei "fact-checkers" come figure professionali. Bisogna verificare le informazioni che circolano online certo, ma non come l'idea è stata accolta e implementata da tutte le piattaforme.
I Social Network si affidano a delle aziende esterne indipendenti che ovviamente pagano per verificare se i contenuti siano reali oppure no. Purtroppo però queste aziende spesso non esisterebbero senza questi ingenti finanziamenti, chi è che controlla chi mi domando. In Italia l'unico "fact-checker" indipendente su Facebook è Facta, costola di "PagellaPolitica.it" nata nel 2013, cambiando nome alla società che le controlla nel 2020. Il sito è andato online il 25 marzo 2020. Capirete bene che non possiamo fidarci ad occhi chiusi di queste aziende private.
Non dovrebbero esserci dei giornalisti indipendenti finanziati dal governo a dover fare questo lavoro? Fornendomi una procedura veloce che mi permetta un dialogo prima che una rettifica, visto che chiunque potrebbe commettere un errore e segnalare una mia notizia come “falsa” o “parzialmente falsa”, cosa che secondo la legge è calunnia o diffamazione. No, le aziende con cui collabora Facebook sono insindacabilmente imparziali e corrette e la procedura per comunicare con queste società è alquanto lunga.
Questo nel "fortunato" caso in cui la notizia venga segnalata come falsa e non sia rimossa totalmente la Pagina Facebook o Instagram da cui proviene, anche questa decisione è insindacabile.
Oppure cosa ben peggiore l’affermazione sempre più popolare del “fact-checking” e dei "fact-checkers" come figure professionali. Bisogna verificare le informazioni che circolano online certo, ma non come l'idea è stata accolta e implementata da tutte le piattaforme.
I Social Network si affidano a delle aziende esterne indipendenti che ovviamente pagano per verificare se i contenuti siano reali oppure no. Purtroppo però queste aziende spesso non esisterebbero senza questi ingenti finanziamenti, chi è che controlla chi mi domando. In Italia l'unico "fact-checker" indipendente su Facebook è Facta, costola di "PagellaPolitica.it" nata nel 2013, cambiando nome alla società che le controlla nel 2020. Il sito è andato online il 25 marzo 2020. Capirete bene che non possiamo fidarci ad occhi chiusi di queste aziende private.
Non dovrebbero esserci dei giornalisti indipendenti finanziati dal governo a dover fare questo lavoro? Fornendomi una procedura veloce che mi permetta un dialogo prima che una rettifica, visto che chiunque potrebbe commettere un errore e segnalare una mia notizia come “falsa” o “parzialmente falsa”, cosa che secondo la legge è calunnia o diffamazione. No, le aziende con cui collabora Facebook sono insindacabilmente imparziali e corrette e la procedura per comunicare con queste società è alquanto lunga.
Questo nel "fortunato" caso in cui la notizia venga segnalata come falsa e non sia rimossa totalmente la Pagina Facebook o Instagram da cui proviene, anche questa decisione è insindacabile.
Perché queste società non si dedicano prima a risolvere i loro problemi interni? Eppure sono i loro stessi algoritmi a renderli dei luoghi perfetti per la diffusione di notizie false e di messaggi sempre più polarizzati, persino Jack Dorsey il CEO di Twitter si è accorto del "problema" come ha ammesso lui stesso, Twitter non riesce a creare l'ambiente per portare avanti discussioni civili e positive.
Come se non bastasse, la scelta di rimozione dei contenuti e dell'allontanamento degli "estremisti" è un palliativo momentaneo come evidenziano molti esperti di comunicazione, se questa pratica dovesse diventare la norma le persone tenderanno a isolarsi e diventare ancora più estremiste e diffidenti.
Molti credono che adesso i Social Network amplieranno i team di moderazione, generando nuovi posti di lavoro e quindi diventeranno piattaforme sicure e migliori, ignorando il fatto che già oggi causano notevoli sofferenze a questi lavoratori, senza che nessuno dica nulla. Un interessante articolo su The Verge ha fatto un po' di luce sulla questione evidenziando le gravi problematiche del settore della moderazione dei contenuti online: The secret lives of Facebook moderators in America.
Riassumendo, un lavoro logorante che ha causato in alcune persone l'insorgere ti patologie come PTSD e depressione. Facebook ha concordato un risarcimento di 52 milioni di dollari riconoscendo i danni al team di moderazione.
Sembra che ormai tutti si siano dimenticati che i Social Network, adesso protettori della libertà di espressione e megafono delle minoranze, non sono altro che aziende guidate dalla logica del profitto e mirano non solo a mantenere il controllo che già hanno ma anche ad estenderlo.
Però io no e spero neanche voi, chiedo in quanto cittadino, sostenitore della democrazia che il governo mi tuteli mettendo dei paletti a queste aziende, fortunatamente la Commissione Europea è già a lavoro a riguardo.
Per concludere, fortunatamente Internet ancora non è morto e il Web c’è ed è ancora libero, basta solo uscire da questo recinto che ci siamo autoimposti e magari usando DuckDuckGo tornare a navigarlo.
Però io no e spero neanche voi, chiedo in quanto cittadino, sostenitore della democrazia che il governo mi tuteli mettendo dei paletti a queste aziende, fortunatamente la Commissione Europea è già a lavoro a riguardo.
Per concludere, fortunatamente Internet ancora non è morto e il Web c’è ed è ancora libero, basta solo uscire da questo recinto che ci siamo autoimposti e magari usando DuckDuckGo tornare a navigarlo.
“Il Web è più un'innovazione sociale che un'innovazione tecnica. L'ho progettato perché avesse una ricaduta sociale, perché aiutasse le persone a collaborare, e non come un giocattolo tecnologico. Il fine ultimo del Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo. Di solito noi ci agglutiniamo in famiglie, associazioni e aziende. Ci fidiamo a distanza e sospettiamo appena voltato l'angolo.”
— Tim Berners-Lee